Alaa Salah, 22 anni, studentessa di ingegneria e architettura. E’ diventata il simbolo delle proteste in Sudan, dove in decine di migliaia, da mesi, manifestano contro il presidente al Bashir. La foto che vedete, scattata dalla fotografa sudanese Lana H. Haroun, la ritrae davanti alla folla riunita a Khartoum, nella sera di lunedì 8 aprile.
Salah indossa un abito tradizionale, diventato un simbolo nelle proteste in Sudan, perché richiama le regine Kandaka, ha spiegato la giovane al Guardian. Le Kandaka erano regine del regno di Kush che oltre 3000 anni fa governava parte dell’attuale Paese.
A cantare con Alaa Salah, moltissimi giovani. In Sudan metà della popolazione ha meno di 20 anni e tanti nella loro vita non hanno conosciuto altro presidente che al Bashir, al potere dal 1989.
Da sabato 6 aprile le proteste sono diventate più intense, per la prima volta i manifestanti hanno raggiunto il quartier generale dell’esercito. Hanno chiesto ai militari di stare con il popolo, con in mente l’esempio dell’Algeria, dove il presidente Bouteflika si è dimesso dopo poderose manifestazioni.
In Sudan, le forze di sicurezza hanno reagito con durezza, lanciando lacrimogeni contro i manifestanti riuniti in un sit in. Ma non solo: dall’inizio delle proteste sono morte già diverse decine di persone, molte altre sono state arrestate o picchiate.
Eppure i manifestanti non si fermano e le donne, come Alaa Salah, sono in prima linea.
I motivi delle proteste in Sudan
Le proteste in Sudan sono iniziate il 19 dicembre, nella città di
Atbara, contro un provvedimento che ha fatto triplicare il prezzo del pane. I manifestanti addebitano al presidente al Bashir il peggioramento della situazione economica del Paese e rimproverano la brutalità del Governo.
L’ultima fase di proteste è iniziata il 6 aprile, una data simbolica, perché quel giorno, nel 1985, venne rovesciato il governo di Jaafar Nimeiri. Bashir arrivò, invece, al potere nel 1989. Un sit in ha occupato l’area davanti al palazzo presidenziale per giorni.
Il presidente sudanese Omar al Bashir è ricercato dalla corte penale internazionale per genocidio, omicidio, stupro e tortura. Crimine che avrebbe commesso in Darfur.
p.s. Foto per gentile concessione di Lana H. Haroun, che potete seguire su Twitter per informazioni sulla protesta all’account @lana_hago
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