Pubblicata per la prima volta nel 1939, “Addio a Berlino” è una raccolta di racconti ambientati nella capitale tedesca alla vigilia dell’avvento del nazismo. Lo sguardo è quello di un giovane scrittore inglese, Christopher Isherwood, che all’epoca viveva in Germania, dove si manteneva facendo lezioni private di lingua.
Nel libro non c’è una vera trama, e tutto ruota intorno ai personaggi e ai loro rapporti, descritti in modo molto minuzioso e, a loro volta, usati per completare il ritratto non solo di una città, ma anche un’epoca che volge al termine.
La Berlino di Isherwood è quella di Nollendorfplatz, della piccola pensione in cui alloggia, con il disomogeneo assortimento di coinquiline, ma è anche la città dei giovani americani e inglesi che vivono a metà tra la Germania e il mondo multilingue, e un po’ patinato, degli expat provenienti da ricche famiglie borghesi. C’è un ambiente vitale, europeo, moderno: non ci si scandalizza di niente, o, comunque, lo si fa molto meno che in altre città del tempo, e questo Isherwood lo rende bene. Per esempio attraverso il personaggio di Sally Bowles: giovane inglese capricciosa, esagerata, a volte anche cinica, ma assolutamente indipendente e orgogliosa della sua libertà, anche sessuale. Un personaggio femminile particolarmente moderno per l’epoca. Sally rimane anche incinta e abortisce, e poi passa da un compagno all’altro, divertendosi a provocare gli sguardi di riprovazione di una società in cui, comunque, sa di essere l’eccezione, più che la regola. Più avanti nel libro, invece, si parla della storia d’amore tra un amico inglese di Isherwood, Peter, e il giovane Otto. Questo è l’unico episodio che non si svolge a Berlino ma sull’isola di Rügen, nel mar Baltico. L’amore omosessuale viene descritto, per quanto sempre in modo un po’ indiretto e non chiarissimo, come un’eventualità come le altre e non, dunque, coperto dallo stigma della disapprovazione sociale. E del resto, Isherwood ammise più tardi di essersi trasferito a Berlino proprio per l’apertura verso l’omosessualità.
Ma c’è anche la Berlino più dura da vivere (“uno scheletro dolorante per il freddo” la definisce Isherwood, p.227). E poi c’è la borghesia benestante della città, quella che Isherwood conosce come insegnante privato.
“La maggior parte delle ricche famiglie berlinesi abita nel Grunewald. Difficile capire perché. Le loro ville, di una bruttezza dispendiosa espressa in tutti gli stili architettonici conosciuti, dall’eccentrica stavaganza rococò alla scatola cubista di acciaio e vetro con il tetto piatto, sono assiepate in questo bosco umido e cupi”. (p.28).
In definitiva, per Isherwood
“Berlino è una città con due centri: c’è il grappolo di alberghi, bar, cinema e negozi di lusso attorno alla Chiesa della Memoria, scintillante nucleo luminoso che rigulge, come un diamante finto, nello squallido crepuscolo cittadino; e il manierato nucleo civido degli edifici disposti con ordinata precisione attorno a Unter den Linden. (…) Ma il vero cuore di Berlino è un piccolo bosco umido e scuro: il Tiergarten.” (p.228)
Qui nel Tiergarten, scrive Isherwood, Si rifugiano i giovani campagnoli che lasciano i loro villaggi minuscoli in cerca di lavoro. Berlino li attrae, ma
“il suo calore è un’illusione, un miraggio nel deserto dell’inverno. Non vuole accogliere questi ragazzi. Non ha niente da offrire. Il gelo li scaccia dalle strade; si rifugiano nel bosco, che è il cuore crudele di Berlino. E lì si rannicchiano sulle panchine , a morire di fame e di freddo, e a sognare la stufa del loro casolare lontano”. (p.228)
Nell’aria di questa Berlino a tratti progressista e internazionale, però, c’è già la guerra. O, forse, c’è ancora la guerra.
Guardando i solidi soprammobili nella stanza dov’è in affitto, per esempio, Isherwood si chiede che fine faranno tutte quelle cose:
“Sembrano indistruttibili. Probabilmente resteranno integre per migliaia di anni: la gente le ammirerà nei musei. O forse verranno semplicemente fuse per fare munizioni in tempo di guerra” (p.14).
Il racconto più interessanti per me è stato l’ultimo. E’ qui, infatti, che emergono davvero le criticità di quella società tedesca che si prepara al nazismo. Ed emergono perché la politica, finora nel libro solo un contorno sfumato rispetto a una narrazione più intima e basata sui rapporti tra le persone, adesso diventa centrale.
Anche Ishwerwood deve registrare alcuni dettagli inquietanti che non possono sfuggire nella Berlino dell’epoca e nei suoi abitanti.
A partire da Fraulein Mayr, che vive in un’altra stanza della sua pensione e ha forti simpatie naziste. Tanto da dire all’alter ego dell’autore :
” Questa città è stufa marcia degli ebrei. Gratta gratta, saltano sempre fuori loro. Stanno avvelenando l’acqua che beviamo! Ci strangolano, ci derubano, ci succhiano il sangue! Prenda i grandi magazzini più importanti: Wertheim, KDW, Landauer. Chi sono i proprietari? I soliti ebreacci ladri!” (p.175).
L’alter ego dell’autore, dopo aver sentito questo discorso decide di scrivere subito a Frau Landauer, ricca donna ebrea, un contatto comune con un suo amico. Nascerà un’amicizia con la figlia, Natalia Landauer. Profetiche le sue parole:
“Mio padre vuole sempre che io abbia il meglio di tutto” continuò Natalia. “Mio padre vuole sempre che dica: i miei genitori sono ricchi, non avrò mai problemi con i soldi”. Sospirò. “Ma io sono diversa. Mi aspetto sempre il peggio. So come vanno le cose oggi in Germania e all’improvviso potrebbe succedere che mio padre perde tutto. E’ già successo una volta, sa? Prima della guerra mio padre aveva una grande fabbrica a Posen. Arriva la guerra e mio padre deve andarsene. Domani potrebbe succedere la stessa cosa. Ma mio padre è un uomo eccezionale”.
(p.181).
Sembra quasi che Natalia possa prevedere quello che succederà dopo. E siamo appena agli inizi degli anni ‘30.
Più avanti, il cugino di Natalia, Bernhard, racconterà a Isherwood di aver ricevuto diverse minacce di morte.
A una festa elegante organizzata dai Landauer, l’atmosfera gioviale viene periodicamente interrotta dal conteggio dei voti al referendum sul governo Brüning, il 9 agosto 1931.
“Laggiù, in città, era iniziato il conteggio dei voti. Pensai a Natalia: lei l’ha scampata, forse appena in tempo. Per quanto spesso la decisione possa essere rimandata, tutte queste persone, in definitiva, sono condannate. La nostra serata è la prova generale di una catastrofe. Come l’ultima notte di un’epoca”. (p.216)
Impossibile, leggendo queste righe, non pensare a Stefan Zweig e al suo “Il mondo di ieri”. Anche in questo caso c’è un mondo di ieri che scompare, l’ultima notte di un’epoca.
Tornando a casa, Isherwood verrà a sapere dell’attentato di Bülowplatz (in cui furono uccisi due capitani di polizia: Paul Anlauf e Franz Lenck).
In seguito, per lungo tempo, Isherwood perde le tracce dei Landauer. Poi per caso, in un ristorante, sente la conversazione tra due vicini di tavolo, e uno di loro dice di aver letto in un trafiletto sul giornale della morte di Bernhard Landauer. La causa ufficiale: arresto cardiaco. Ma neanche i due uomini sembrano crederci:
“Questi nazisti…” cominciò.
“E’ gente che non scherza”. L’uomo grasso sembrava averci gusto a far venire la pelle d’oca all’mico. “Vedrai, in Germania faranno piazza pulita degli ebrei. Piazza pulita”.
L’austriaco scosse la testa: “Non mi piace”.
“Campi di concentramento” continuò il ciccione, accendendosi un sigaro. “Li chiudono lì, gli fanno firmare delle cose…Poi, zac, l’arresto cardiaco”.
“Non mi piace affatto” ripeté l’austriaco. “Danneggia il commercio”.
“Sì” convenne l’uomo grasso. “Danneggia il commercio”. (p.225)
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